Dietro questo affettuoso sorriso si nasconde una storia decisamente triste. Ha 31 anni, un lavoro e un matrimonio felice, N.R. è una persona normale e stabile, in pace con se stessa e tutto ciò che la circonda, fa la segretaria in un ufficio di assicurazioni e nel tempo libero la volontaria in Croce Rossa. 

La sua felicità fino a due anni fa.

Nell’inverno del 2012 sua sorella più grande, V.R., organizza un weekend in montagna con il marito, per festeggiare il sesto anniversario, così lasciano il figlio di 5 anni a casa della zia, con la quale aveva un legame speciale, e partono. 

Sfortunatamente non faranno più ritorno: durante un’escursione si perdono e non riusciranno a fare ritorno, dopo tre giorni di ricerca vengono trovati assiderati a 16 km di distanza dal sentiero che avrebbero dovuto percorrere. 

N.R. e suo marito si prendono cura del nipote come se fosse loro figlio, lo assistono in questa tragedia, si fanno forza a vicenda seguiti da un terapista e cercano di dare tutto l’amore possibile al bambino. L’anno dopo lo iscrivono a scuola e iniziano le problematiche legali: non sono ancora i tutori legali e qualunque cosa richieda una firma o l’andare a prenderlo a scuola era una problematica. Decidono così di avviare le pratiche per l’adozione legale, consci di avere tutte le carte in regola: sono gli zii, regolarmente sposati, hanno entrambi un buon lavoro e nessun debito o questione legale aperta, hanno una casa di proprietà e si sono presi cura al 100% del bambino, che mai sarebbe voluto andare altrove.

Decidono di affidarsi ad un noto studio legale per il supporto nelle pratiche e vi fanno affidamento, pagando una lauta parcella, anche per consegnare tutto il materiale nei tempi imposti.

Si affidano al titolare in persona dello studio: Tommaso Padelli, tra i più noti nel foro milanese. Da qui tutto inizia a peggiorare: inizialmente non gli fa compilare un modulo molto importante da consegnare la settimana successiva ma fortunatamente al tribunale dei minori trovano una persona molto comprensiva che, prendendo nota della perfezione della famiglia, gli concede una proroga. Superato questo primo ostacolo manca l’ufficializzazione con le loro firme davanti ad un giudice con l’attesa finalizzazione dell’adozione ma l’avvocato Padelli ancora una volta si dimostra negligente e non gli comunica la data, il giudice li reputa inadempienti e decide che così il bambino dovrà essere dato in affidamento ad una casa famiglia fino ai 18 anni. 

N.R. adesso è distrutta, si sente in colpa per non aver protetto suo nipote e ha voluto raccontare la sua storia di denuncia verso un sistema che non tiene conto delle inadempienze di chi dovrebbe aiutare i cittadini. Attualmente è in causa con lo studio Padelli e spera che il suo racconto possa aiutare altre famiglie che vogliono adottare a rivolgersi a persone più affidabili o di gestirne in prima persona la burocrazia, nonostante la sua complessità.